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Borgo di Carpasio

L'Origine del Comune di Carpasio dal XII secolo. Sul finire del XII secolo la valle carpasina era territorio di confine tra i domini della marca aleramica e arduinica, contesa quindi tra i Clavesana e i Ventimiglia. Le dispute tra queste due grandi famiglie feudali si protrassero con alterne fortune nel secolo successivo; un evento determinante per la storia del paese accadde nel 1234 quando il castello della Ruinata (Carpasio) fu occupato dagli Onegliesi che cacciarono i Clavesana consegnandolo ai Ventimiglia. Emanuele Filiberto acquistò nel 1575 dalla marchesa d’Ufrè, erede dei Lascaris di Tenda, con il Maro, anche il dominio su Carpasio. I Savoia diedero in feudo il Maro ai Doria e levandolo nel 1590 in marchesato e nel 1620 in principato, contemporaneamente l’aggregazione del Maro con le Valli Impero e Prelà. I Carpasini già in età preromana frequentavano gli alpeggi comuni delle Alpi Liguri; sino a pochi anni or sono i pastori del paese, utilizzando la Strada Marenca, portavano le greggi sui propri pascoli nelle Navette dove permanevano per tutta l’estate, alcuni si spingevano al Colle dei Signori e sugli alpeggi di Tenda. Carpasio conserva memoria sull’antico uso comune dei pascoli e dei boschi nella comunaglia con Triora, ancora divisa nel XVIII secolo. Gli uomini dei due paesi potevano sfruttare su questa terra il bosco e il pascolo, mentre erano vietati gli usi agricoli, che presupponevano un possesso duraturo. Apparentemente non vi furono problemi finché non si sviluppò proprio lungo i termini delle terre comuni le ville di Glori e Fontanili. Originariamente erano due mansi (nuclei agricoli) rispettivamente delle famiglie Stella di Triora e Scarsella di Carpasio (a quest’ultima subentrarono recentemente i Cotta) nel XIV secolo quando le due comunità si ampliarono, l’occupazione delle terre comuni per uso agricolo privato fu motivo di liti e quindi vi fu la necessità di stipulare convenzioni tra i due paesi, che regolamentarono in tal modo l’uso della comunarda. Considerando che la media e l’alta Valle Argentina sino al XIII secolo, fu dominio dei Ventimiglia, e che la stessa famiglia, pur con alterne fortune, godeva dei diritti feudali sulla valle carpasina, i problemi di confine si risolvevano localmente. Ma, con la cessione nel 1575 di queste terre dai Lascaris ai Savoia, anche i piccoli problemi di confine divennero pretesti di guerra. La piccola comunità pastorale di Carpasio, isola sabauda nei territori genovesi, continuò ad essere legata al Maro, dove vi era il centro amministrativo comitale, fiscale e giudiziario, subendo da quel tempo un lungo isolamento. Sino al 1424 anche la parrocchiale, dedicata a Sant’Antonino, dipendeva dalla matrice del Maro; nella chiesa di san Nazario e Celso i carpasini dovevano battezzare i propri figli e seppellire i propri morti. Un uso che è rimasto impresso nella memoria sociale, tanto che la strada dell’antica pieve del Maro è ancora dai vecchi ricordata come “a rena di morti”. L’isolamento e l’ambiente alpino hanno contribuito a conservare sul territorio di Carpasio le tracce di un’antica cultura pastorale e, soprattutto, delle sue espressioni di fede. Le incisioni cruciformi cristiane medioevali scolpite sulle rocce nel bosco degli Ormè, si collegano idealmente risalendo verso le Alpi Marittime, con la sacralità espressa nella Pietra delle Croci dalle comunità della Valle Arroscia, con le più antiche forme di religiosità e di socialità lasciata nelle rocce presenti presso il passo Teglia e nel Sotto di San Lorenzo e con le migliaia di espressioni di fede impresse sulle rocce del monte Bego.





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